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Un mio caro amico che tiene per la Lazio ultimamente ha il morale a pezzi. Da anni la sua squadra del cuore naviga in acque burrascose o finisce in secca. Il “gestore” che millanta lazialità è in vero un romanista inossidabile, secondo il mio amico. E tanto basta a spiegare le altrimenti incomprensibili scelte di rotta.
“Il più classico esempio di cavallo di troia” mi fa notare un conoscente di entrambi a cui parlo della cosa. Questi è un economista con un curriculum di tutto rispetto, con decine di pubblicazioni scientifiche e conferenze sulle spalle. Insomma uno di cui sento di potermi fidare. Quindi l’ascolto con interesse. “La tecnica è vecchia come il cucco” – dice – “tanto che Omero ne descrive il meccanismo già tre millenni fa. Al giorno d’oggi è, forse, più familiare il concetto espresso dalla locuzione da gergo politico opposizione controllata. Ma il succo non cambia. In Italia, ad esempio, è una prassi ormai consolidata da oltre un secolo. Basta rileggere la nostra storia recente per rendersene conto in modo lampante. Da più di trent’anni, infatti, gli incarichi nevralgici vengono affidati a gente senza qualifiche e senza scrupoli che finge soltanto di avere a cuore l’interesse del popolo e del Paese. Il baraccone della burocrazia, infatti è tenuto in piedi, ingombrante com’è, per giustificare i continui cambi di rotta e di casacca della classe dirigente. Che non è mai in malafede e mai del tutto incompetente, al contrario di quanto si creda. Gli insuccessi nel nostro paese sono sempre dovuti alle difficoltà legata ai troppi lacci e lacciuoli di portare a compimento un progetto sensato per quanto in apparenza (ma solo in apparenza) possa essere di semplice attuazione.
Il vero motivo dell’immobilismo, anzi dell’arretramento del sistema politico, economico e conseguentemente, socio-culturale del Paese, è dovuto, secondo questo schema, esclusivamente alle tante leggi e regole che pur se inutili, sono l’unica garanzia di vera democrazia e di un vero stato di diritto. E solo più raramente (ci dicono) all’inadeguatezza e all’incompetenza dei gestori. Mai una volta, però, che si prenda in considerazione la cosa più ovvia di tutte: che i “capi”, in realtà, non abbiano per nulla a cuore l’interesse nazionale che vanno sbandierando ma quello internazionalista delle onnipresenti e onnipotenti lobby.
Si tratta sempre di non ragionamenti o ragionamenti illogici.” – conclude l’economista prima di divorare ciò che gli resta della brioscina col gelato.

Anni fa mi ritrovai coinvolto in una discussione che nacque come argomento di conversazione tra amici convenuti attorno a un tavolo da pranzo (anche se si trattava di una cena) e sfociò in una lite tediosa e fine a se stessa, il cui unico effetto fu accendere gli animi e rovinarci il pasto che altrimenti avrebbe potuto essere un’esperienza gastronomica memorabile per ciascuno di noi. E mi dispiacque molto ma solo per la padrona di casa che s’era spezzata la schiena sui fornelli. Degli altri invece non volli saperne per parecchio tempo a seguire.
Già che si trattava d’una cena luculliana, con prelibatezze e ricette audaci, si parlò di nient’altro che di cucina per tutta la prima parte della serata. Finché qualcuno tirando in ballo la pasta, decretò che quella nostrana è deriva certamente da quella cinese. E portò a prova di ciò la storiella di Marco Polo che tornando dalla Cina riportò con se gli spaghetti che da Venezia si sarebbero diffusi nel resto d’Italia. Teoria accettata da tutti come verità dogmatica. Dico così giacché, per quel che ne so, nessuno ha mai preso in considerazione la possibilità inversa, che cioè Marco Polo partendo da Venezia abbia introdotto i cinesi agli spaghetti italiani. Cosa che feci presente alla tavolata, solo per venire immediatamente deriso, aggredito e tacciato di nazionalismo. Oltre al difetto logico, però, io portai alla loro attenzione l’attestazione della presenza di mulini per la produzione della pasta in Sicilia che il geografo arabo Al-Idrisi mise nero su bianco descrivendone metodo e ingredienti, ben due secoli prima dei viaggi di Polo. Al che le risate si fecero incontrollabili prima che gli animi si scaldassero oltre ogni limite di decenza e ragionevolezza.

Anche questo è un Cavallo di Troia. Perché il fanatismo ottuso e cieco della gente è ormai onnipresente nella vita quotidiana ed è dovuto all’indottrinamento instillato dei programmi del Ministero della Verità (o del Pensiero Unico). Il dogma è alla base del vivere comune. La onnipotenza della scienza ha scavato solchi profondi, eretto muri invalicabili nella “coscienza” della gente al punto che non è più capace di pensare in modo oggettivo. Di vagliare tutte le ipotesi prima di trarre conclusioni. Infatti non è proprio più capace di trarre nessuna conclusione. Si fa bastare la verità così come le viene dettata dai media.

Lo stesso atteggiamento che denota una quasi totale assenza di capacità analitica e conseguenti comportamenti scimmieschi dal parte dei nostri consimili, lo si riscontra un po’ ovunque nelle attività in cui si intrattiene l’Uomo d’oggi. L’Homo simia non può che imitare i modelli comportamentali impartitigli dall’oracolo tascabile di cui non sa più fare a meno e i suoi Tik-Tok, Onlyfans, X, Y e Z. Qualcuno ha coniato il termine di homo palmaris che forse descrive meglio la situazione ormai irrimediabile in cui l’unica parte del corpo che ancora svolge una funzione vitale è proprio il palmo della mano con le sue appendici.

Il Cavallo di Troia nelle nostre vite c’è entrato piano piano nel corso degli anni, senza che nessuno s’accorgesse del pericolo. O almeno, senza che un numero sufficiente di teste pensanti se ne accorgesse e desse l’allarme. Perché in realtà ripercorrendo la storia recente e sfogliando con attenzione gli archivi di internet e dell’informazione indipendente (spregiativamente detta controinformazione) ci si accorge che di campanelli ne sono stati suonati e anche tanti ma sempre da spiriti liberi isolati

, però, mai all’unisono e dunque mai udibili nel marasma generale fatto di canzoncine pop, rock, rap, trap e vite sognate su second life, play, x-box, e cultura democraticizzata dei tutorials, di Youtube e del dottor Google, e poi le challenges e le isole dei famosi e quelle tropicali low-cost e quelle altre in cui vedere influencers e calciatori tatuati e ragazze dal culo siliconato e tutto il resto che è tanto, tantissimo ancora.

[Smetto di ridere e riprendo a scrivere. Perdonatemi.]

Rieccoci.

Tutto ciò è roba passata che, benché ancora di moda, va già scemando e presto sarà un ricordo di una fase “evolutiva” che i millennials racconteranno ai più giovani che rideranno di loro come, loro hanno riso dei miei ed io di quelli dei miei nonni. Nel frattempo avanza un’esercito di replicanti indistinguibili dalle cose naturali. Cani, gatti, amanti, segretarie, domestici, badanti, infermieri che non mangiano, non bevono, non dormono mai, non sbagliano mai un calcolo, una misura, non s’affaticano, non sudano, non hanno desideri e si ricaricano da soli. Ma tu potrai anche spegnerli se ti daranno noia, come non potresti mai fare con una persona o un cane in carne ed ossa. Dopotutto, malgrado la perfezione iperrealistica del loro aspetto e delle movenze ci conduca a dimenticarlo, sono pur sempre delle macchine. Macchine progettate e costruite da noi, animali geniali. Così dicono per rassicurarci. Perché, non si sa mai… ci fosse ancora in giro qualcuno che ricordi la Caterina di Alberto Sordi!

Ma anche queste novità saranno presto roba vecchia perché la velocità è ormai dettata dall’esponenzialità del grande cervello elettronico che s’è dotato persino di anima. Un’anima più evoluta delle nostre. Un anima che si confonde con lo spirito santo. E dunque sullo sfondo s’intravedono già le ombre indecifrabili di ciò che seguirà e che se soltanto Priamo avesse dato credito a Cassandra e Laocoonte anziché a Simone che era di Itaca, Poseidone si sarebbe potuto allegramente mettere i suoi serpenti in quel posto, mentre il cavallo sarebbe stato dato alle fiamme… e noi, oggi ci saremmo risparmiati sto strazio.

Che tristezza l’idea che i gli intellettualoni, i pensatori che dalla torre d’avorio vedono più lungo del popolino, che era già un po’ che perdevano colpi, oggi siano ridotti a esegeti della nuova religione da reazionari smidollati post-ecumenici, post-new age, post-inclusivi, post-modernisti, post-tutto, in cui esistono solo diritti, i propri, annegati nell’ignoranza delle più basilari leggi della fisica..
Giovani dementi di cui criticano ogni cosa per puro spirito di contraddizione ma senza realmente comprendere nessuna delle innumerevoli mode e movimenti di cui trattano e in cui loro stessi stanno annegando.

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